[Focus] Approfondiamo la tecnologia della ricarica wireless + video recensione QI Wireless Charger con Nexus 4

Ricarica Wireless Nexus 4Ne aveva già parlato il nostro Mark, in un altro articolo, quando Nokia spiegò la tecnologia di ricarica wireless presente nel Lumia 920 ma, approfittando del mio ultimo acquisto, volevo riprendere il discorso un po’ alla mia maniera, facendone un focus, attraverso un linguaggio semplice e comprensibile a tutti.

Visto che la ricarica wireless è ormai sempre più presente negli smartphone e nei dispositivi di ultima generazione e si appresta ad essere lo standard del futuro, credo possa essere utile un ulteriore approfondimento.

Il viaggio in questo articolo non sarà brevissimo, ma spero sarà di vostro gradimento. Let’s go ! 😀

teslaUn po’ di storia

Ciò che oggi riusciamo a vedere a volte come qualcosa di molto semplice, quasi banale, nasce da un’idea piuttosto vecchia e quella che chiamiamo ricarica ad induzione, risale addirittura alla fine dell’ottocento.

Sono molti gli studiosi dell’epoca, come Andre-Marie Ampere, James Maxwell e soprattutto Michael Faraday, tanto per citare nomi tra i più importanti, che hanno contribuito alle grandi scoperte sull’elettromagnetismo, riprese poi da Nikola Tesla (ritratto nella foto a fianco) che ai primi del novecento riuscì a concretizzare e ad evolvere molte delle teorie dei suoi predecessori, arrivando anche a trasmettere energia a distanza. A Tesla dobbiamo il concetto di corrente alternata con il quale ha dato un forte contributo alla concretizzazione della rivoluzione industriale.

La legge di Faraday in particolare, che è una formula assai complessa, rappresentata da una equazione differenziale, ci dice che se immergiamo una bobina in un campo magnetico, la forza elettromotrice generata nella bobina è proporzionale alle variazioni nel tempo del campo magnetico.

La ricarica ad induzione quindi in base a tale legge, si effettua con 2 dispositivi : la base di ricarica e il dispositivo da caricare. La base di ricarica ha al suo interno una bobina in cui scorre corrente alternata, generando in questo modo, un campo elettromagnetico variabile.

Il dispositivo da ricaricare, ha al suo interno un’altra bobina molto simile e quando arriva molto vicino alla base di ricarica, è soggetta al campo magnetico generato da essa e quindi questo genera a sua volta una corrente che si trasmette tra i due dispositivi (esattamente lo stesso che avviene in un normale trasformatore elettrico).

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Poichè il campo magnetico decresce al quadrato della distanza, la stazione di ricarica e il dispositivo devono essere molto vicini per far avvenire il passaggio di corrente, quindi diciamo che questo meccanismo non è molto efficiente in quanto il campo magnetico si propaga e si disperde nel vuoto se i soggetti sono troppo lontani tra loro (al contrario del trasformatore che usa un nucleo ferroso). Ma alla poca efficienza subentra la grande utilità della mancanza di connettori o conduttori scoperti, che rende la ricarica ad induzione elettromagnetica, un’operazione molto sicura, specie in situazioni pericolose, tipicamente nelle vicinanze dell’acqua; ecco quindi perchè la ricarica ad induzione è usata già da molti anni, per esempio negli ospedali, (il nostro Massi può confermare) o nei rasoi e spazzolini da denti elettrici.

domandaVeniamo quindi a questo punto alla domanda spontanea:

Perché se la ricarica ad induzione è qualcosa di così vecchio, solo ora la vediamo applicata agli smartphone e agli altri dispositivi portatili di ultima generazione propinandocela nei messaggi marketing come “innovazione” ?

La risposta è piuttosto semplice, ma non banale. Riprendiamo un attimo il concetto tecnico: in primo luogo, un trasmettitore attende un segnale da un ricevitore che gli comunica di aver bisogno di alimentazione.

Quando rileva un ricevitore, il trasmettitore invia elettricità attraverso una bobina di trasmissione, creando un campo elettromagnetico con una frequenza specifica.

La bobina ricevente, la quale è progettata per accettare energia a quella frequenza, la trasforma appunto a sua volta, in energia, per ricaricare la batteria del nostro terminale.

Il problema è quindi proprio il fatto che il dispositivo trasmittente e quello ricevente, “si parlano” solo ad una determinata frequenza, quella cioè per la quale sono stati progettati. Perciò fino ad oggi, pur essendo una tecnologia diffusa, non tutti i trasmettitori e i ricevitori sono progettati per funzionare insieme, anzi si può tranquillamente affermare che ogni dispositivo trasmittente e ricevente è stato qualcosa di molto specifico e verticale e quindi quasi nessuno parlava “la stessa lingua”, ossia funzionavano ognuno ad una frequenza diversa e non erano quindi dispositivi interscambiabili.

Il mercato dei dispositivi a ricarica wireless induttiva quindi è stato per molti anni come una vera “torre di Babele” …

qi-blueIl QI e il WPC, ovvero facciamo un “corso di lingue” ai dispositivi di ricarica ad induzione

QI e WPC sono acronimi che forse avrete sentito, forse li conoscete già, ma molti ne ignorano completamente l’esistenza. Ebbene questi acronimi nascondono la soluzione al problema di prima, ossia la necessità di far nascere uno standard, capace di rendere semplice per il futuro, permettere ad un dispositivo trasmittente di comunicare con qualsiasi dispositivo ricevente che aderisce a tale standard.

WPC significa Wireless Power Consortium, e rappresenta quindi un consorzio, un’associazione di aziende internazionali che si sono messe insieme con lo scopo di rendere tutti i dispositivi elettronici portatili, capaci di avere compatibilità globale per quanto riguarda la carica ad induzione wireless, in base a delle specifiche ben precise.

I membri di questo consorzio sono tantissimi (quasi 150) e sono formati praticamente da tutti i produttori di elettronica di consumo, come Samsung, LG, Nokia, Sony, HTC, tanto per citare i nomi a noi più familiari.

wireless-power-wpc-qi-eco

Lo standard generato dal WPC si chiama QI (si pronuncia “CI”), un nome che proviene dalla filosofia cinese (ma più o meno in varie sfumature si trova in tutta la cultura orientale), la quale indica la forza vitale che scorre e anima tutte le cose viventi.

Che poi se ricordate, andando nel terra terra, era anche la famosa barra di energia in tanti videogiochi di arti marziali (il famoso QI o CHI nella variante giapponese) che indicava lo stato di salute e soprattutto il livello di forza, del nostro combattente.

Insomma, il nome personalmente mi piace e rende perfettamente l’idea dello scopo che si prefigge, ossia quello di ricaricare qualsiasi dispositivo che aderisce allo standard QI, posandolo su una piattaforma anch’essa Qi based.

Volendo dare una definizione più comprensibile ancora: il QI è il nuovo standard universale per la ricarica a induzione. È un linguaggio comune che consente ai caricatori ad induzione e ai vari dispositivi elettronici, con un consumo massimo di 5 W di parlare fra loro. Così, qualsiasi dispositivo con accessorio Qi-aware o con il Qi già internamente integrato, si può caricare su una piattaforma di alimentazione basata sullo stesso standard.

Il Qi ha quindi cambiato tutto e si appresta ad essere largamente utilizzato da qui al prossimo futuro da tutti i membri del WPC (praticamente ogni produttore da noi conosciuto (a parte Apple la quale probabilmente fornirà accessori wireless del tutto diversi ed applicabili solo al loro ecosistema). Se pensate che ad oggi ci sono ancora pochi dispositivi che aderiscono a questo standard, vi sbagliate, poiché al momento se ne contano oltre 8.5 milioni ed ovviamente non sono solo smartphone. Tanto per fare un esempio, in Giappone, il quale ha largamente aderito a questo standard, è già difficile trovare dispositivi elettronici, non dotati di tecnologia di ricarica ad induzione aderenti alle specifiche QI.

In pratica è come per gli standard Bluetooth e Wi-Fi, che hanno rispettivamente indicato le modalità di comunicazione per i dispositivi a mani libere e per la comunicazione Wireless per la connessione ad internet. Il QI rappresenta la nuova generazione di dispositivi a ricarica induttiva, poiché trasmettitori e ricevitori parlano non solo un linguaggio comune ma comunicano anche in maniera intelligente.

Per fare un esempio, quando uno smartphone da caricare lo avviciniamo alla base di ricarica, la bobina integrata in esso dice al trasmettitore di inviargli energia. Poi, quando la batteria del ricevitore è carica, la bobina ricevente dice al trasmettitore di smettere di inviare energia, ordinandogli di entrare in standby.

Certo ci vorrà del tempo, ma immaginate tra qualche anno: la quantità di terminali dotati di tale tecnologia sarà la normalità e ci sarà la presenza di basi di ricarica in tutti i posti possibili: casa, ufficio, alberghi, luoghi pubblici e persino nei sedili di treni e aerei, in questo modo poggiando semplicemente il telefono, esso si alimenterà e difficilmente avremo le batterie scariche.

Un’altra interessante applicazione poi, la vediamo applicata per esempio in campo automobilistico, dove Nissan e Toyota stanno realizzando un sistema di ricarica dei veicoli elettrici, senza bisogno di collegarli “ad una spina”, quindi utilizzando sempre il metodo induttivo. Il disegno di seguito vi chiarirà meglio le idee.

nissan_charge_contact

In pratica con le stesso concetto spiegato prima, semplicemente parcheggiando la macchina nel punto giusto, essa ricaricherà la batteria, senza usare cavi, per induzione elettromagnetica. Poi per pagare l’eventuale ricarica, basterà un microchip che mandi un segnale radio per l’addebito su una carta prepagata per esempio.

Inoltre Toyota sta già integrando nella Avalon 2o13,  una base di ricarica ad induzione QI, in grado di ricaricare uno smartphone semplicemente poggiandolo sopra:

toyota avalon qi wireless charge

I membri del WPC dal 2010 sono praticamente raddoppiati ed oltre ai più famosi produttori di hardware, ci sono anche molte aziende di componentistica, che riforniscono proprio i produttori stessi, di componenti elettronici, delle bobine e tutto il necessario per aderire allo standard QI.

La lista completa del membri del WPC potete vederla QUI.

Spero con questo articolo di avervi dato qualche elemento in più che vi mancava per quanto riguarda la ricarica wireless, e sapete che quando posso, cerco di passare dalla teoria anche alla pratica. Infatti di seguito, potrete vedere la mia videorecensione di una base di ricarica wireless aderente allo standard QI, con il quale ricaricare il mio Nexus 4 anch’esso dotato di tecnologia di ricarica wireless integrata basata sullo stesso standard.

LG è un membro del WPC così come lo è Nokia o Samsung, per cui potrete applicare lo stesso test che vi farò vedere nel video, tranquillamente anche al Lumia 920 o Samsung S3, per dire i più famosi, ma molti altri sono già in lista.

Buona visione ! 😀

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